Sempre più cervelli in fuga dall’Italia, la maggior parte è diretta negli USA. Infatti, dai dati dell’AIRE, emerge che all’inizio del 2020 negli USA erano 283.350 le persone iscritte all’anagrafe degli italiani residenti all’estero. A gennaio del 2021 sono aumentate a 289.685, mentre all’inizio del 2022 sono balzate a 297.917.

Gli USA rappresentano quindi la meta più ambita per gli italiani. Seguono Svizzera e Regno Unito; mentre al quarto posto troviamo Francia, Germania e Spagna. 

A lasciare il Paese sono per lo più i giovani laureati, che in Italia hanno difficoltà a trovare lavoro o ad essere pagati come meritano. Il Paese perde ogni anno dunque l’1% del Pil per via dei cervelli in fuga. 

Il commento del presidente Conflavoro PMI, Roberto Capobianco

“Un fenomeno, quello dei cervelli in fuga, che si è acuito negli anni e ha dimostrato come il sistema Italia non sia più attrattivo. È una perdita che interessa anche tutto il tessuto imprenditoriale in quanto bisogna portare i giovani a realizzare il desiderio di fare impresa. Le università italiane – dichiara il presidente Conflavoro PMI, Roberto Capobianco – dovrebbero colloquiare più attivamente con le aziende per favorire un’integrazione immediata dei giovani nel mondo del lavoro. Già dal liceo, il percorso di studi dovrebbe essere accompagnato da apprendistati duali dedicati. Non c’è solo dunque la questione della burocrazia troppo complessa o della crisi degli ultimi anni, tutto il sistema lavoro va efficientato”. 

“Dobbiamo quindi stare dalla parte dei nostri talenti, investire nella formazione, creare possibilità tramite il ricambio generazionale e premiare il merito. Come Conflavoro ci siamo già presi l’impegno di avvicinare i giovani al mondo aziendale con progetti ad hoc e best practice già funzionanti all’estero”.